lunedì 20 giugno 2011

.

Sto invecchiando.
Me ne sono accorta la prima volta passando vicino ad un liceo, all'ora dell'uscita. La prima cosa che mi ha impressionato è stata vedere dei ragazzini di quattordici anni fumare, chi con studiata disinvoltura; chi con ostentazione. Anche io ho iniziato a fumare a quattordici anni. Mi sentivo abbastanza adulta per fare una scemenza del genere. Adesso guardando quelle facce lisce e rosa, mi rendo conto che sono poco piu' che bambini, e mi impressiono. Mi chiedo anche quanto male abbia fatto, e continui a fare al mio corpo, dal giorno in cui ho acceso la mia prima sigaretta. Mi basta guardarmi in faccia la mattina appena alzata per misurare giorno per giorno i progressi del mio degrado. Dare la colpa ai geni non basta, e comunque sarebbe un torto alla bellezza dei miei genitori. Ma sia.
Sono tutti vestiti uguali. È curioso vedere come tutti sentano il bisogno di affermare la propria individualità vestendosi nello stesso identico modo. Io mi mettevo i pantaloni larghi, fin sotto al culo, col mio bel mazzo di chiavi attaccato a un passante dei pantaloni. L'inverno mi gelavo i reni ma era il prezzo da pagare per essere degli originali, per marcarsi dalle "parioline", tutte uguali, loro. Noi no eh.
A dire il vero, anche se ho sempre avuto un gusto molto dubbio e insolito nel vestire, ce n'è voluto di tempo prima che smettessi di volermi vestire in modo da essere accettata dagli altri, ossia vestirmi come gli altri. C'è stato un periodo molto breve nel quale mi sono lasciata trasportare dalle mode del momento in maniera totalmente passiva, come un pesce che segue le correnti del fiume. Andavo alle medie; in quel periodo andavano molto marche di merda tipo la Onyx, la Fornarina e la Killah Baby e sopratutto, non avevo ancora iniziato a fumare. Poi venne l'inferno del mio primo liceo. Quello era il periodo della Carhart (poi soppiantata dalla Quechua), quindi passai dai pantaloni a zampa in velluto vinaccia ai pantaloni larghi e informi; le estensioni ai lobi e le magliette dei Nirvana stracciatissime (o signore!). I pantaloni dicevano "ehi, voglio essere una di voi" mentre il resto diceva che no, in fondo non ero esattamente come tutti loro, che a me di avere un fidanzato con la macchinetta e di essere invitata alle feste acchittate di diciott'anni in fondo non fregava un cazzo. Il fumo rientrava nella stessa dinamica: fumare significava allo stesso tempo cercare di integrarsi alla gente giusta (tutti, o quasi, fumatori) e prendere le distanze dai culi stretti. Non funzionò. Evidentemente i vestiti "giusti" cascavano male addosso a me: non sapevo portarli. Fumare era disgraziatamente la sola cosa che mi riusciva bene. Fatto sta che fui per tre lunghissimi anni una pariah, un rifiuto sociale.
Poi un giorno decisi che se non riuscivo a farmi apprezzare cercando di essere come gli altri, tanto valeva fare di testa mia. Buttai i pantaloni della carhart, tutte quelle orribili cinte di cotone intrecciato con la fibbia metallica che tanto assomigliavano alle cinture di sicurezza degli aerei, le magliette tagliate e qualsiasi cosa mostrasse il mio culo in pubblico, e iniziai a vestirmi come una svitata, una un po' barbona che si dà saltuariamente a destra e a manca in cambio di un bicchiere o due, o una canna (e a dire il vero è quello che fui per un certo periodo).
Per farla breve, ora non solo non cerco piu' di riempire il mio armadio con quello che vedo in giro addosso alla gente, ma paradossalmente provo anche un certo senso di fastidio quando mi capita (e mi capitava spesso dopo aver cambiato liceo) di beccare qualcuno con addosso qualcosa di vagamente simile al mio, peggio se ho il sospetto di essere stata copiata. Per estensione di concetti, non mi interessa piu' piacere agli altri a tutti i costi, e mi dà anche fastidio, al di là del primo istante di lusinga, che qualcuno mi apprezzi al punto d voler essere come me. La reputo una mancanza di personalità, certamente la stessa che mi ha fatto fare la fine dell'appestata all'inizio del liceo. ora, passando davanti ad una scuola, e vedendo tutte quelle ragazzine sfilare vestite uguali come i manichini delle vetrine di una grossa via commerciale, rivedo tutte queste dinamiche dall'esterno, e sono contenta di esserne uscita.
È a partire da quel momenti che secondo me ho iniziato ad invecchiare. E non mi dispiace invecchiare. Ma c'è bisogno di farlo cosi' in fretta?

Nessun commento:

Posta un commento